Ordinanza n. 259 - 18 Luglio 2003
La Corte costituzionale dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 22 della legge 24 Novembre 1981, n. 689 ANNO 2003
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai Signori:
- Gustavo ZAGREBELSKY Presidente
- Valerio ONIDA Giudice
- Carlo MEZZANOTTE "
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 22 della legge 24 Novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), promosso con ordinanza del 14 Settembre 2002 emessa dal Giudice di pace di Santhià nel procedimento civile vertente tra Ivan Lionetti e il Comune di Roma, iscritta al n. 31 del registro ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6, prima serie speciale, dell'anno 2003.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 2 luglio 2003 il Giudice relatore Franco Bile.
Ritenuto che nel corso di un giudizio – proposto, ai sensi dell'art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), in opposizione avverso contestazioni di violazioni di norme del Codice della strada, commesse fuori dalla circoscrizione territoriale del giudice adito, nel cui ambito, invece, risiede l'opponente – il Giudice di pace di Santhià, con ordinanza emessa il 14 settembre 2002, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale del menzionato art. 22, "nella parte in cui [nelle controversie contro ordinanze-ingiunzioni e verbali di contestazione] obbliga l'opponente ad adire il giudice del luogo in cui è stata commessa la presunta violazione, anziché di quello di residenza del ricorrente";
che – affermata la rilevanza della sollevata questione, dovendo egli altrimenti dichiarare la propria incompetenza territoriale nel giudizio a quo – il rimettente, a sostegno della non manifesta infondatezza, fa proprie e trascrive pressoché integralmente le motivazioni di diritto svolte dal Giudice di pace di Orbetello in altro incidente di costituzionalità (dichiarato dalla Corte manifestamente inammissibile, per difetto di rilevanza, con l'ordinanza n. 20 del 2002);
che, in particolare, il giudice a quo – premesso che l'art. 98 del decreto legislativo 30 Dicembre 1999, n. 507 (Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio, ai sensi dell'art. 1 della legge 25 Giugno 1999, n. 205), ha riattribuito al giudice di pace la competenza per materia sulle opposizioni alle ordinanze-ingiunzioni di cui all'impugnato art. 22 – ritiene la questione non manifestamente infondata, in quanto la disciplina del giudizio di opposizione, "con particolare riguardo all'obbligo di adire il giudice del luogo in cui è stata commessa la presunta violazione", privilegia il foro della amministrazione e rende "particolarmente difficoltoso al ricorrente esercitare direttamente il suo diritto di difesa, in violazione degli art. 24 e 111, comma 2, della Costituzione";
che infatti, secondo il rimettente, l'attribuzione della competenza al foro della commessa violazione contrasta con i principi del giusto processo e della buona ed imparziale amministrazione della giustizia, "di cui anche alla Convenzione di Roma per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali", non essendo al presunto responsabile garantita una posizione paritaria rispetto alla amministrazione;
che inoltre la regola di competenza territoriale (vantaggiosa per l'amministrazione, i cui funzionari sarebbero facilitati dalla vicinanza all'ufficio giudiziario nel reperimento delle prove e nell'attività processuale) si giustifica solo nelle controversie di opposizione rimaste di competenza del tribunale, mentre penalizza l'opponente nelle controversie per violazioni di minore gravità attribuite al giudice di pace;
che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la declaratoria di inammissibilità e comunque di infondatezza della sollevata questione.
Considerato che questa Corte è già stata investita del vaglio di identiche questioni – riguardanti l'art. 22 della legge 24 Novembre 1981, n. 689, censurato nella parte in cui attribuisce la cognizione dell'opposizione in materia di sanzioni amministrative alla competenza per territorio del giudice del luogo in cui è stata commessa la violazione, anziché di quello di residenza dell'opponente – e le ha dichiarate manifestamente infondate, in riferimento ai medesimi parametri evocati, con le ordinanze n. 459 del 2002, n. 75 e n. 193 del 2003;
che, in assenza di prospettazione di nuovi o diversi profili di incostituzionalità, anche l'odierna questione dev'essere decisa nello stesso modo.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 Marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 22 della legge 24 Novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111, secondo comma, della Costituzione, dal Giudice di pace di Santhià, con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 Luglio 2003.
Gustavo ZAGREBELSKY, Presidente
Franco BILE, Redattore
Depositata in Cancelleria il 18 Luglio 2003.
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